Intervista a Virginia Castellucci, Head of Sustainability & Advocacy di 3Bee | XNatura per Business Intelligence Group. Abbiamo avuto il piacere di intervistare Virginia Castellucci, Head of Sustainability di 3Bee e XNatura, con la quale abbiamo approfondito il ruolo della biodiversità e della sua importanza per il pianeta. Attraverso tecnologie innovative, 3Bee realizza progetti di rigenerazione del territorio come le Oasi della Biodiversità e iniziative di educazione ambientale dedicate. La tutela della biodiversità non è più solo una questione ambientale, ma un tema che riguarda da vicino anche il mondo delle imprese: la salute degli ecosistemi influisce direttamente su filiere produttive e risorse naturali. Per questo oggi, conoscere, misurare e proteggere la biodiversità è una responsabilità condivisa e un vantaggio strategico sostenibile per ogni azienda che la tutela.

Come nasce l’idea di fondare 3Bee?

3Bee nasce nel 2017 da un’esperienza diretta vissuta da Riccardo Balzaretti, uno dei due fondatori, che si è accorto di un’elevata moria tra le sue api. Dopo aver condiviso la preoccupazione con Niccolò Calandri, l’altro fondatore, è nata l’idea di sviluppare un sensore per monitorare lo stato degli alveari. Quel primo sensore si chiama ancora oggi Hive-Tech, e tutt’ora lo utilizziamo anche per il monitoraggio ambientale.

Inizialmente ci siamo concentrati esclusivamente sulle api mellifere, ma con il tempo abbiamo ampliato il nostro impegno verso la tutela della biodiversità, sviluppando nuovi sensori. Tra questi, Spectrum, un sensore bioacustico IoT che monitora in modo continuo e non invasivo gli impollinatori, come le api apoidee e i sirfidi, e Polly X, progettato per rilevare i parametri ambientali legati alla qualità dell’aria.

Nel marzo di quest’anno abbiamo lanciato XNatura, la nostra divisione di nature intelligence dedicata alla digitalizzazione della natura. XNatura integra intelligenza artificiale, sensori IoT, tecnologie satellitari e cloud computing per raccogliere, elaborare e analizzare dati ambientali. L’obiettivo è supportare imprese, municipalità e parchi naturali nel monitoraggio e nella gestione dei rischi e degli impatti su natura, biodiversità e clima.

Oggi il nostro lavoro si sviluppa lungo due strade parallele e complementari: 3Bee e XNatura. Due anime diverse, ma profondamente connesse nei progetti. In fondo, il nostro obiettivo è sempre lo stesso: proteggere e rigenerare la biodiversità, utilizzando la tecnologia nel modo più utile e responsabile possibile.

Cosa intendete per rigenerare la biodiversità e la natura?

Ci occupiamo di rigenerare aree a basso valore ecologico, migliorando concretamente lo stato della biodiversità attraverso l’uso della tecnologia. Una delle soluzioni che adottiamo è Flora, una tecnologia sviluppata in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Europea. Flora integra immagini satellitari e ci consente di misurare diversi parametri ambientali, tra cui l’MSA Land Use (Mean Species Abundance), un indicatore che misura la ricchezza e la distribuzione delle specie in rapporto a uno stato naturale, privo di impatti antropici. Monitoriamo questo dato prima e dopo gli interventi: se i valori migliorano, significa che la rigenerazione ha avuto successo.

Le azioni che mettiamo in campo variano in base al contesto. In ambienti urbani o residenziali, ad esempio, realizziamo aiuole con essenze nettarifere o installiamo rifugi per impollinatori. In aree agricole o agroforestali, invece, interveniamo con l’intento di creare vere e proprie oasi che consistono nella messa a dimora di piante autoctone nettarifere, accuratamente selezionate per la loro capacità di attrarre e sostenere gli insetti impollinatori, fondamentali per l’equilibrio degli ecosistemi.

Ogni specie nettarifera che introduciamo contribuisce ad arricchire l’ambiente, offrendo nutrimento, rifugio e habitat a una vasta gamma di organismi. Questi spazi diventano veri e propri corridoi ecologici: collegano aree naturali ad alta biodiversità con zone più degradate, come i campi coltivati in monocoltura, facilitando il movimento e la sopravvivenza della fauna e della flora locale.

I vostri 3 pilastri sono la rigenerazione, il monitoraggio e l’educazione. In che modo si sviluppano?

La mission dell’azienda è sviluppare e implementare soluzioni tecnologiche in grado di monitorare, proteggere e valorizzare gli ecosistemi, coinvolgendo attivamente aziende, enti pubblici e cittadini.
3Bee si fonda su tre direttrici operative:

  1. Monitoraggio scientifico degli ecosistemi tramite tecnologie come sensori IoT, analisi satellitare e intelligenza artificiale;
  2. Rigenerazione ambientale attraverso progetti concreti di piantumazione, tutela degli impollinatori e recupero di habitat;
  3. Divulgazione e coinvolgimento, per sensibilizzare le persone e costruire una nuova cultura della natura.

Proprio in riferimento a quest’ultimo pilastro, crediamo che, solo attraverso la conoscenza, si possa creare un impatto duraturo sulla natura, ed è per questo che lavoriamo su più livelli. Con le aziende con cui collaboriamo, affianchiamo i progetti ambientali con percorsi formativi: organizziamo giornate di team building e mettiamo a disposizione la nostra Academy online, pensata per sensibilizzare collaboratori e stakeholder sui temi di biodiversità e sostenibilità.

Siamo attivi anche nelle scuole, con il progetto “3Bee: a scuola di biodiversità”, che ha già coinvolto oltre mille scuole primarie in tutta Italia. Il programma dura nove mesi e aiuta i bambini a scoprire il valore della biodiversità attraverso materiali didattici, giochi e attività. Per raggiungere un pubblico più ampio, abbiamo creato anche il Podcast Biodiverso, oggi alla seconda edizione, in cui affrontiamo temi ambientali attuali, dalla caccia all’energia nucleare, con un linguaggio accessibile ma sempre scientifico. Infine, c’è Biodiversa, l’app gioco gratuita per il monitoraggio della biodiversità e la tutela degli ecosistemi che consente di “collezionare” e identificare facilmente le piante e i fiori che si incontrano durante una passeggiata all’aria aperta. Un modo divertente per coinvolgere le persone e farle diventare protagoniste nella tutela della biodiversità.

Come funzionano i vostri sistemi di monitoraggio della biodiversità?

Il monitoraggio è un ambito ampio e in continua evoluzione, e per questo sviluppiamo costantemente nuovi strumenti per migliorarlo. Possiamo dividerlo in due grandi aree: monitoraggio da remoto e monitoraggio sul campo. Il monitoraggio da remoto si basa su dati raccolti a distanza, come immagini satellitari, database pubblici di grandi organizzazioni, e i nostri modelli di elaborazione. Questi dati, una volta analizzati, ci offrono una panoramica iniziale e aggiornata dell’area su cui lavorare. Il monitoraggio sul campo, invece, prevede l’utilizzo di dispositivi proprietari come Spectrum, Hive-Tech e Polly X ed è più puntuale. Tutti questi dati sono visibili in tempo reale sulla piattaforma di monitoraggio ambientale.

Un altro strumento fondamentale è l’app Biodiversa, che usa tecnologie di image recognition per identificare le piante sul campo: basta scattare una foto con il proprio smartphone e l’app riconosce la specie, integrando subito il dato nella piattaforma. Inoltre, alcuni progetti specifici, utilizziamo tecnologie in campo come Birdy, un dispositivo bioacustico, che rileva le popolazioni di uccelli analizzando le frequenze sonore per fornire dati trasparenti e quantitativi. Ma non solo: anche le camera traps, basate su tecnologia IoT, che monitorano il passaggio di fauna selvatica di media e grande taglia. Infine, Polly X, un sensore in grado di rilevare parametri ambientali legati alla qualità dell’aria.

In che modo create una vera e propria cultura della biodiversità con le imprese e il territorio?

Oggi collaboriamo con oltre 500 aziende per attività legate sia al monitoraggio della biodiversità sia alla rigenerazione. I nostri clienti sono tantissimi e molto diversi tra loro. La maggior parte proviene dal settore privato, parliamo di circa il 90%, ma abbiamo anche alcune collaborazioni con il pubblico. Sono sia italiani che europei, anche se in realtà i progetti che seguiamo si estendono a livello globale. Ad oggi stiamo mappando più di un milione di ettari in tutto il mondo e abbiamo oltre 5.000 sensori attivi che monitorano la biodiversità su scala globale. Ad esempio, abbiamo progetti in Sud America, in Cile e in Colombia, per il monitoraggio delle filiere produttive, anche in collaborazione con le sedi locali delle aziende europee.

Cosa comporta la perdita di biodiversità?

La biodiversità è alla base del funzionamento degli ecosistemi da cui dipendiamo tutti, comprese le aziende e la tecnologia è uno strumento fondamentale per monitorarne lo stato di salute. Le aziende dipendono dalla biodiversità per portare avanti il proprio business: basta pensare alle materie prime, ai servizi ecosistemici e alla capacità degli ecosistemi di fornire risorse. Un esempio concreto è l’agricoltura, dove l’impollinazione è alla base della produzione alimentare.

Ma in realtà tutti i settori economici hanno un legame diretto o indiretto con la biodiversità. C’è anche un tema di rischio: la perdita di biodiversità comporta conseguenze concrete per le imprese, che devono iniziare a considerare questi impatti nelle loro strategie. Di fronte a questo scenario, il primo passo è misurare. Non possiamo prenderci cura di qualcosa se non siamo in grado di misurarla. La misurazione serve sia per capire la situazione attuale, sia per monitorare nel tempo l’efficacia delle azioni intraprese.

Se, ad esempio, si avvia un progetto di rigenerazione per risolvere un problema, è fondamentale continuare a raccogliere dati per verificare se le azioni stanno funzionando davvero. Per questo abbiamo sviluppato una suite di di soluzioni di monitoraggio e diversi KPI, pensati per adattarsi a progetti e contesti differenti.

Quali sono le aree più a rischio in Italia e quelle che richiedono maggiore attenzione per la salvaguardia della biodiversità?

Le aree più a rischio per la biodiversità, in Italia come in Europa, sono quelle dove il suolo è già compromesso e la natura fatica a trovare spazio. In questi contesti, alla perdita di biodiversità si sommano anche i rischi legati al cambiamento climatico. Ma non si tratta solo di zone urbane o industriali: anche le aree al confine delle riserve naturali sono cruciali. Dovrebbero agire da cuscinetto per proteggere la biodiversità interna, ma spesso non sono tutelate abbastanza.

Le aree protette andrebbero quindi ampliate e rafforzate. Entro il 2030 bisogna puntare ad almeno un 20% di ripristino degli ecosistemi, terrestri e marini, e proseguire oltre quella data. In Italia il 21% del territorio è formalmente protetto, ma spesso con regole troppo leggere per garantire una reale conservazione. Serve non solo più superficie, ma anche regole più efficaci. Nelle zone urbanizzate o industriali, invece, bisogna mitigare i danni, creando oasi urbane che favoriscano la biodiversità o trasformando le città in “città spugna”, capaci di assorbire meglio le piogge e ridurre il rischio di alluvioni e isole di calore. Serve un’azione su più fronti: ridurre i danni dove la biodiversità è compromessa e lasciare spazio alla natura dove può ancora esprimersi.

Quali sono i vostri obiettivi futuri?

Il nostro obiettivo è diventare una piattaforma globale focalizzata sul monitoraggio e la tutela del mondo naturale. È una visione ambiziosa, ma molti traguardi li abbiamo già raggiunti: oggi monitoriamo un milione di ettari in tutto il mondo, e puntiamo a decuplicare questo impatto. Lo stesso vale per i nostri dispositivi di monitoraggio: ne abbiamo oltre 5.000 attivi a livello globale, e ci piacerebbe portarli a 100.000.

Nel breve termine, uno dei nostri focus principali è l’espansione del numero di Oasi. In questa direzione, abbiamo appena lanciato gli XNatura Regeneration Awards: un’iniziativa che ha l’obiettivo di selezionare e supportare con un contributo economico fino a 3 progetti di rigenerazione ambientale più meritevoli in tutto il mondo. Si tratta di un obiettivo di medio periodo: oggi abbiamo moltissime Oasi in Italia e in Europa, ma vogliamo espanderci anche oltre.