Questa settimana Marta Bagnasco, social media manager e strategist sostenibile, ci racconta cosa significa davvero portare la sostenibilità anche nel mondo digitale. Essere sostenibili sui social per Marta significa adottare un approccio più consapevole, umano ed equilibrato alla comunicazione online. Un modo di lavorare che mette al centro l’ascolto di se stessi, degli altri e la trasparenza.
Come è nata la passione per la comunicazione e per il mondo social?
Tutto è nato un po’ per caso, anche se credo fortemente che “il caso” non esista. Ad ogni modo, durante il lockdown di inizio 2020, mi sono avvicinata ad alcune tematiche, relative all’avere uno stile di vita (un po’ più) sostenibile. Entusiasta di ciò che man mano apprendevo, ho iniziato ad utilizzare quello che, all’ora, era il mio profilo Instagram personale per creare contenuti, focalizzati, per l’appunto, su una quotidianità più consapevole e sostenibile.
Sono entrata così in contatto con TerraLab, un’associazione che tutt’ora sensibilizza su queste tematiche, ed ho iniziato a collaborare con loro come supporto alla creazione dei post e altro. In tutto ciò, al tempo, in parallelo lavoravo part time nel mondo del retail, da cui non vedevo l’ora di scappare, e mi stavo laureando in un corso magistrale di Scienze Motorie.
Fin da subito, mi ha affascinata tutto ciò che si nasconde dietro la gestione di un profilo social: strategia, pianificazione, analisi e, soprattutto, molta creatività. Man mano che imparavo, ho iniziato ad appassionarmi a questo lavoro e a maturare l’idea di poterne effettivamente fare una professione, che mi avrebbe permesso di mostrare diversi lati della mia personalità, passioni e competenze.
Seguendo dei corsi e cominciando ad avere i primi possibili clienti, ad inizio 2023 ho aperto la partita iva e, tre mesi dopo, ho dato le dimissioni, iniziando a dedicarmi interamente al lavoro come freelance.
Come si può utilizzare i social in modo consapevole e come nasce il concetto di social media sostenibili?
Nel momento in cui ho fatto il passaggio da content creator a SMM, da subito ho deciso di portare con me il concetto di “sostenibilità”, applicandolo in primis al mio modo di lavorare, ma anche nell’approccio che volevo trasmettere alle mie clienti.
Come? In un mondo veloce come quello dei social, penso che trovare il proprio equilibrio ed un metodo che ci permetta di viverli nel modo più sereno possibile, sia fondamentale. Specialmente se li si usano per lavoro.
Per fare un esempio: quanto può essere sostenibile sentire il peso di dover pubblicare “per forza” ogni giorno? Meglio pochi contenuti ma di qualità, mirati, focalizzati sul raccontare al meglio i nostri valori ed attrarre così persone (e potenziali clienti) affini a noi.
Ovviamente questo è soltanto un piccolo esempio di come ripensare la propria comunicazione in modo più sostenibile, il medesimo concetto può essere applicato a tanti altri aspetti dei social.
Come traduce l’inclusività e la gentilezza all’interno della comunicazione, sia per il suo brand che per i suoi clienti?
La mia comunicazione si basa in primis sui valori che porto con me ogni giorno, sia come persona che come professionista, e la gentilezza e l’inclusività ne fanno sicuramente parte.
La prima si riferisce innanzitutto a noi stesse/i, e qui non posso che ricollegarmi al concetto di “comunicazione sostenibile”. Se alla base non vi sono ascolto di sé (senza giudizio) e comprensione (delle proprie necessità e bisogni), è difficile costruire un rapporto sano e duraturo con la propria presenza online.
Il concetto di inclusività si riferisce, invece, al provare a mettere in atto alcune accortezze, che rendano il tutto il più possibile accessibile. Dal comunicare in modo semplice e comprensibile, evitando tecnicismi esagerati, al porre attenzione a rendere i contenuti fruibili ai lettori automatici per persone non vedenti, passando per contenuti inclusivi in termine di genere. Ovviamente, questi sono aspetti che vanno integrati e studiati sulla base delle singole necessità di ogni professionista o brand.
Quali competenze e valori ritiene fondamentali oggi e ancora di più in futuro per costruire relazioni autentiche nel mondo digitale?
In primis, la trasparenza. L’essere noi stesse/i.
Penso che i social abbiano un grande potenziale, poiché ci permettono di entrare in contatto con persone affini ai nostri valori che, altrimenti, non avremmo mai incontrato sul nostro cammino. D’altronde sono nati per questo. Per connettere le persone.
Col tempo questo concetto, questo valore, si è forse un po’ perso per strada, lasciando spazio a contenuti più “finti” e mirati esclusivamente alla performance. Per fortuna, però, grazie anche all’approccio della Gen Z, noto sempre di più quanto le persone stiano ricercando cose vere, reali, trasparenti per l’appunto. Io stessa ho avuto la fortuna di incontrare persone meravigliose grazie a Instagram, alcune delle quali ad oggi posso addirittura definire amiche. Ed è meraviglioso.
Quali sono, secondo lei, i tre elementi chiave per mantenere una reputazione di brand solida, coerente e credibile nel tempo?
- Trasparenza, a costo di essere ripetitiva, penso che questo sia un aspetto fondamentale nella propria comunicazione. Al di là di quelle che possono essere le proprie competenze e/o prodotti, le persone scelgono le persone: ci affidiamo in modo istintivo a professioniste/i, realtà e brand che sentiamo affini a noi, che a pelle ci trasmettono qualcosa. Di conseguenza, è un aspetto importante da coltivare.
- Story telling. Collegandomi al primo punto, per far sì che le persone si sentano affini a noi, è importante farci conoscere. All’atto pratico, mi riferisco al raccontare la nostra quotidianità, condividere (anche) pensieri e riflessioni personali. E non significa pubblicare in ogni momento delle nostre giornate, il tutto dev’essere sempre fatto nei limiti di ciò che ci fa sentire a nostro agio e di ciò che possa comunque essere inerente alla nostra professione.
- Saper dire di no. Questo aspetto potrà sembrare scontato, ma ci tengo a menzionarlo perché, sempre nell’ottica di avere un approccio onesto e trasparente (nei confronti delle altre persone come di noi stesse/i), penso sia fondamentale per diverse ragioni. Soprattutto all’inizio, è facile farsi prendere la mano e accettare tutto ciò che arriva, ed è assolutamente comprensibile. Si rischia, però, di ritrovarsi con troppi lavori in contemporanea, finendo così col sentirsi sopraffatte/i e, di conseguenza, lavorare male. Un’altra motivazione per cui, per me, è importante saper dire di no, è legata alle proprie competenze. Personalmente, preferisco perdere una/un possibile cliente, piuttosto che accettare un lavoro che non mi compete a pieno o che “non sento mio”, reindirizzando la persona ad una/un professionista più pertinente alle sue necessità.
Come possiamo integrare l’intelligenza artificiale nel lavoro del social media manager in modo etico e consapevole, senza diventarne dipendenti o perdere l’aspetto umano della comunicazione?
Parto dal presupposto che utilizzo l’IA di rado (lo so, probabilmente è sconvolgente al giorno d’oggi), ma ne riconosco le immense potenzialità. Penso che sia uno strumento che, se usato con criterio, può essere un fedele alleato nel proprio lavoro ma che, almeno per il momento, non può sostituire l’essere umano.
Ad esempio, lo trovo molto utile per avere un po’ di ispirazione in quei periodi in cui la creatività scarseggia e si ha bisogno di un piccolo aiuto: idee per i propri contenuti, revisione dei testi, etc. Ovviamente, andando sempre a rivedere e riadattare ciò che emerge, evitando il “copia e incolla”.
Ribadisco, però, che a parer mio difficilmente questo strumento possa sostituire a pieno l’empatia, la sensibilità e l’attenzione che può mettere una/un professionista nel proprio lavoro.


