La gentilezza è il primo passo per vivere una vita piena di energia e positività. Ce lo spiega Guido Stratta, CEO dell’Accademia della Gentilezza e del Ilmareintasca.

Guido Stratta condivide la sua storia e le sue riflessioni dal mare, alla carriera manageriale in diverse aziende, fino alla sua attuale dedizione alla promozione della gentilezza. Stratta offre una prospettiva unica sul mondo del lavoro e sulle relazioni umane offrendo spunti di riflessione interessanti. L’intervista si concentra su tre temi principali: la leadership gentile, l’Accademia della Gentilezza e il ruolo del manager.

Buona lettura!

Intervista a Guido Stratta per Business Intelligence Group

Potrebbe raccontare il suo percorso professionale e il ruolo che svolge attualmente?

Io ho una carriera svolta tra tre dimensioni. Una casuale, manageriale, perché io in realtà da ragazzo volevo fare il biologo Marino; ero, infatti, un velista skipper e adoratore delle immersioni.  Poi mi conobbe un imprenditore, gli piacque molto il tratto relazionale che avevo, io mi stavo laureando in giurisprudenza e mi disse di aver bisogno nella sua azienda di una settantina di persone, di un focal point di personale e di legale. Io accetto questa cosa e da lì inizio una carriera che mi ha portato a fare il manager. Il primo messaggio che do è che gli incontri nella vita sono potenzianti ed è molto difficile programmare la propria visione di vita. Ho fatto il manager tutta la vita passando da aziende commerciali, ad aziende assicurative, ad aziende industriali, fino ad approdare in un grande gruppo come quello Enel, attraverso la porta di Wind, azienda di gruppo, e in questo gruppo ho sempre fatto o marketing o personale, con ruoli importanti come il direttore del personale di Green Power, l’amministratore delegato di Enel Si, che era un’azienda che installava pannelli fotovoltaici nel Retail, e poi alla fine della mia carriera negli ultimi quattro anni sono stato il direttore del personale di un grande gruppo di 70.000 colleghi e 32 paesi gestiti.
Ma alla fine la mia passione mi ha riportato a ciò che amavo, prendendo una laurea triennale in biologia Marina. Ho lasciato il gruppo volontariamente, oggi sono il presidente dell’accademia della gentilezza. Oggi mi occupo di promuovere una filosofia attraverso il libro “la leadership gentile”, che ha l’obiettivo di far capire alla società che, se si tiene insieme il risultato, la motivazione e il benessere le persone fioriscono e la società migliora. Io metto nel mio piccolo tutta l’energia per far emergere relazioni gentili e costruttive.

Potresti parlare dei due progetti di cui sei CEO, ovvero l’Accademia della Gentilezza e Ilmareintasca?

Il mare in tasca nasce tanti anni fa, nel 2008, perché la mia passione per la biologia Marina è sempre stata forte; quindi, prima di prendermi la seconda laurea creo il mare in tasca. Il mare in tasca ha un obiettivo: quello di far innamorare le persone del mare e riavvicinale all’education ambientale. Quindi, coinvolgere i ragazzi creando un rispetto ambientale che si riverbera nel rispetto interpersonale. È un progetto che fa guerriglia ambientale, per questo ci siamo alleati a mare vivo e a tante altre organizzazioni. La nostra forza sono le idee, come adottare un delfino, che animale sei, ogni volta scateniamo una campagna che fa divertire i ragazzi e che parla di mare.

L’Accademia, invece, nasce sotto pandemia. Chiusi in casa io e mia moglie psicanalista ci siamo messi a chiacchierare ed è venuta l’idea di creare un’architettura di una nuova strategia relazionale. Dal libro che abbiamo scritto “la leadership gentile” c’è stato molto movimento, e non lo avrei mai pensato, sono cresciuti molto i seguaci linkedin, mi hanno considerato una specie d’ideatore di questa cosa e da lì mi è venuta la voglia di coinvolgere di più la società e creare l’Accademia. L’accademia coinvolge le persone nei vari settori come la sanità, la scuola, lo sport, e le istituzioni e, con le persone che hanno competenze in quei settori, si sta ideando un protocollo d’intervento facendo anche qui una bella guerrilla. Il primo progetto nasce quindi nel 2020 ed è più relazionale, legato al cambiamento della società, mentre l’altro, più vecchio, del 2008, è di tipo ambientale legato alla mia passione per il mare.

Guido Stratta il mare in tasca

Guido Stratta

Sempre parlando dell’accademia della gentilezza, cos’è per lei la gentilezza e cosa significa essere gentili all’interno della cultura aziendale?

Molti la confondono con dolcezza, debolezza, cortesia e buone maniere ma la gentilezza di cui parliamo è una gestualità spontanea verso l’altro, senza nessun interesse. La gentilezza è completamente spontanea in un momento in cui uno si sente tranquillo di farlo senza chiedere niente in cambio. Se tu fai questo gesto si crea un’energia intorno a te importante. Le persone spontaneamente gentili hanno in mano il baricentro delle relazioni. La società, invece, vede nel modello aggressivo uno spunto molto forte. Il modello aggressivo convince attraverso la psicologia delle masse.  Le persone pensano di essere protette se obbediscono alla dittatura, obbediscono pensando di non avere rischi ma in realtà non hanno libertà. Sono protetti da qualcosa che gli toglie dalla responsabilità di avere il coraggio, ma per sfidare questa società bisogna posizionarsi. Se io decido di muovermi con i colleghi in maniera corretta, rispettosa e responsabile cambio la micro-cellula in cui lavoro. È una scelta individuale.

Come si può creare questa leadership gentile? perché si dovrebbe attuare nelle aziende?

Io tratto bene le persone perché mi piace e per rispetto, ma quando parlo ai cinici dico: “siete convinti che sfruttando le persone vi regaleranno il loro genio?” “siete convinti che daranno il meglio con il cliente e siete convinti che i clienti non vedranno la differenza con i vostri competitor?” La mia teoria è che il risultato, la motivazione e il benessere sono un triangolo perfetto se legato insieme. Se questi tre elementi non coesistono la tua azienda non sarà il business del futuro e non sarà sostenibile. Essere gentili ti permette di fiorire nelle relazioni, se io mi comporto come la miglior versione che voglio essere lo faccio al meglio. Questo modello di vita si può applicare sempre.

Quale è il ruolo del manager all’interno delle aziende e come dovrebbe essere?

Il manager deve essere sé stesso e non fingere, capendo che ha bisogno di fare squadre plurime. Nessuno deve cambiare, ma capire chi è, capito questo deve aiutarsi con gli altri. La persona gentile che aiuta spontaneamente da una direzione e gestisce le emozioni. Oggi è determinante che i manager gestiscano le emozioni. Le persone ti seguono se hanno una direzione, se capiscono il senso che ha per loro quella direzione e se possono avere emozioni da esprimere.

Il nome “il madre in tasca” da dove nasce?

Il mio sogno è quello di portare l’infinito nel finito. L’oceano visto come aggregato di materia liquida spaventa. L’idea di avere un po’ di molecole in tasca fa divertire. È il concetto di avere dall’astrazione sempre concretezza, tenere sempre in tasca il concetto di quello che si ama.

Quali sono le sfide che ciascuno di noi affronta in una azienda e quali consigli darebbe alle nuove generazioni che si approcciano al mondo lavorativo?

Le sfide partono dal sapere quali sono i propri obbiettivi. Dobbiamo capire il business in cui mi muovo, cosa serve per arrivare al risultato, chi sono io in questa sfida e quale contributo posso dare, battendomi per arrivare alla zona dove si vuole arrivare. Individuare, quindi, gli obbiettivi macro e quelli individuali. Quando gli obbiettivi individuali non sono capiti le persone se ne vanno. Il sacrificio per arrivare dove si vuole è l’allenamento per crearsi un background solido e per cambiare tante aziende. Ci si deve allenare all’energia di arrivare al nostro obbiettivo.

Quale è la sua visione di oggi e di domani in termini di inclusione tra persone e di relazioni?

Il medioevo era un periodo di peste e di grandi difficoltà su tutti i fronti. Dopo però è arrivato il rinascimento, dove è fiorita l’arte, la cultura e le relazioni. Osservando questo altalenare di periodi storici probabilmente stiamo vivendo il nostro medioevo. Sono molto ottimista che fioriremo, usciremo da questo medioevo e ci sarà la voglia di un mondo che viene rifondato all’umanesimo.