Roma, 18 settembre 2025 – Non è la promessa astratta di progresso a convincere gli italiani, ma l’utilità concreta. La ricerca “Tecnologia Amica delle Persone” presentata da Business Intelligence Group (BIG) a Montecitorio, nell’ambito dell’evento promosso dall’On. Anna Ascani, vicepresidente della Camera, fotografa un Paese selettivo: pronto ad accogliere l’innovazione quando riduce fragilità e disuguaglianze, diffidente quando appare opaca o distante dai bisogni reali.
Salute e ambiente in cima alle priorità
L’indagine mostra un quadro netto: salute e ambiente sono i due ambiti dove i cittadini si aspettano il maggiore impatto delle nuove tecnologie. Quasi un over 65 su due mette al primo posto la sanità, mentre tra i giovani la priorità è la sostenibilità: uno su tre tra i 18 e i 24 anni indica la transizione ecologica come vera sfida del futuro. È il segnale di una “società del rischio”, in cui l’innovazione è accettata non tanto perché promette di fare di più, ma perché dimostra di proteggere da malattia e crisi ambientale.
Aspettative diverse lungo il ciclo di vita
Guardando ai prossimi cinque anni, i bisogni cambiano in base ai gruppi sociali. I giovani legano tecnologia a lavoro, formazione e mobilità (quasi un under 25 su cinque cita l’occupazione come ambito di maggior impatto), le famiglie puntano sulla didattica digitale, gli adulti chiedono strumenti per la produttività e la sicurezza economica, mentre i senior restano concentrati su sanità e servizi socio-assistenziali.
Fiducia e diffidenza
Resta però un nodo critico: un italiano su quattro non si fida affatto delle nuove tecnologie. La fiducia cresce laddove i vantaggi sono immediatamente percepibili – sanità e ambiente – e cala in ambiti come pubblica amministrazione digitale, scuola a distanza e social media. La frattura è anche generazionale: i giovani mostrano più apertura, mentre gli anziani esprimono diffidenza e, spesso, rifiuto.
Paure e rischi
Le preoccupazioni non riguardano tanto le macchine, quanto l’uso che se ne fa. Oltre il 44% degli italiani teme abusi sui dati personali. Seguono la manipolazione algoritmica e la disinformazione, in particolare tra i giovani. I lavoratori tra 35 e 54 anni segnalano il rischio di perdita di occupazione, mentre tra gli over 65 pesa la paura dell’esclusione digitale, che tocca oltre il 40% del campione.
Equità e inclusione
C’è però anche un terreno di fiducia: il 62,8% degli italiani ritiene che la tecnologia possa rendere la società più equa e inclusiva. L’ottimismo è più forte tra i giovani (74,1% nella fascia 18-24 anni) e tra i laureati (quasi il 70%), mentre cala nelle aree metropolitane (54%) e tocca i minimi tra le famiglie monocomponente (32,9%). Al Sud, dove si percepiscono gap storici, la convinzione che l’innovazione possa riequilibrare cresce fino al 72%.
«L’innovazione non può essere fine a sé stessa, ma deve essere una risorsa utile e inclusiva – ha dichiarato Gianni Bientinesi, CEO di BIG –. Le tecnologie hanno senso se semplificano i processi, rendono i servizi più accessibili e generano valore condiviso».
Una sfida culturale oltre che tecnologica
Per BIG, il vero terreno di confronto non è l’adozione di strumenti digitali avanzati, ma la diffusione di una cultura dell’innovazione responsabile. La presenza a Montecitorio ha rappresentato un momento chiave in questa direzione, confermando l’importanza di un dialogo tra imprese, politica e società civile per governare un futuro in cui la tecnologia sia valutata non per la sua potenza, ma per la sua affidabilità sociale.


