Attivo nel mondo dell’informazione, dell’architettura e della cultura, Leonardo Servadio ha collaborato e collabora con diverse testate, riviste e siti specializzati, tra cui Avvenire, Chiesa Oggi, frontiere.info e architetturasacra.org. Oggi è tra i promotori di: Sesto Capitale del BenEssere, un progetto nato per dare una nuova vita urbana e sociale a Sesto San Giovanni. La città, simbolo dell’industrializzazione, viene ripensata per assumere una nuova veste che unisce ambiente, inclusione sociale, salute, cultura e vivibilità quotidiana. Un grande passo in avanti per la città di Sesto, che si trasforma in un luogo non solo più incentrato sul lavoro ma fatto di relazioni, di opportunità e di crescita.

Può raccontare brevemente il suo percorso professionale?

Ho cominciato a occuparmi di giornalismo nei primi anni ’70 interessandomi di politica internazionale. Nel ‘74 sono diventato direttore responsabile del settimanale Nuova Solidarietà e dopo qualche anno anche corrispondente del settimanale statunitense Executive Intelligence Review.

Nel primo ventennio della mia vita adulta ho lavorato per cinque anni in Germania (a Wiesbaden), e poi a Roma per alcuni anni durante i quali ho avuto occasione di svolgere corrispondenze anche dal Messico, Stati Uniti e Spagna.

Il progetto Sesto Capitale ha come obiettivo un ripensamento della città di Sesto San Giovanni, un luogo che ha avuto un ruolo cruciale nell’industria europea. Cosa significa questo ripensamento per una città che è stata un simbolo di innovazione industriale?

Sesto San Giovanni è nata come città industriale, sviluppatasi attorno alla ferrovia Milano-Monza. Qui, a fine ’800, le famiglie milanesi investirono in manifatture, poi arrivarono le acciaierie che divennero il motore urbano. La città crebbe senza un vero piano, divisa dalla ferrovia, con le fabbriche che precedettero le abitazioni.

Con la deindustrializzazione degli anni ’80, un terzo del territorio rimase vuoto. Sesto ha così iniziato a diventare una periferia funzionale a Milano. Il progetto “Sesto Capitale del BenEssere” intende rispondere a questa inerzia facendo sì che quella città trovi una nuova dignità propria. Tramite una serie di interventi di carattere urbanistico, ma non solo, coerenti con le necessità della società attuale.

Di qui l’uso del termine “BenEssere” con la E maiuscola, per evidenziare che la città contemporanea è chiamata a porsi come un luogo che offre ai cittadini il più ampio ventaglio di opportunità: abitative, educative, culturali, sportive, ecc. In un ambiente godibile e ben vivibile, dove artificio e natura convivono armonicamente.

Uno degli aspetti principali di questo progetto è la creazione della “Città della Ricerca e della Salute” che si propone di essere il centro di terapia e cura più innovativo in Italia. Quale impatto avrà sulla comunità locale?

La Città della Ricerca e della Salute è un progetto importante per Sesto, un nuovo polo ospedaliero di rilevanza nazionale, già deliberato ma molto in ritardo. Quando sarà realizzato, avrà un impatto rilevante.

L’idea di Sesto Capitale del BenEssere, formulata dall’architetto Giancarlo Marzorati, autore delle più importanti architetture sestesi contemporanee, e da Paolo Vino, imprenditore nonché ex consigliere del Comune di Sesto mira a riconcettualizzare in modo radicale Sesto San Giovanni.

Sul piano urbanistico, il progetto prevede il recupero di nuovi spazi verdi, trasformando alcuni incroci stradali in piazze e pedonalizzando varie porzioni di strada. Si propone la realizzazione di parcheggi interrati e sopraelevati, per liberare superfici da destinare a giardini.

È prevista inoltre una rete di percorsi ciclopedonali affiancati da aiuole, per rendere tutta la città piacevolmente “passeggiabile”. Saranno costruiti sovrappassi ciclopedonali che funzioneranno anche come piazze sopraelevate, ispirate all’esempio della High Line di New York.

Accanto a questi interventi fisici, il progetto punta a promuovere iniziative culturali – come concerti, bande musicali, biblioteche – e a recuperare molte attività artigianali oggi dimenticate.

Come si intende promuovere questa nuova visione della città?

Dal dopoguerra si è diffuso il modello di “città a una dimensione” (mutuando la nota formulazione di Marcuse), incentrato sulla produzione e con poca attenzione alla vita sociale. Sesto, nata e cresciuta intorno alle fabbriche, ne è un esempio: con la fine dell’industria ha perso anche la sua vivace rete sociale, ritrovandosi senza radici e senza direzione.

Proprio questa condizione può diventare l’occasione per avviare da Sesto una riflessione su come ripensare la città contemporanea affinché possa accogliere e favorire la complessità dell’essere umano nell’epoca attuale.

La separazione e la specializzazione delle discipline del sapere sono un dato di fatto, così come lo è il desiderio, sempre presente nell’essere umano, di ritrovare integra la propria umanità. Lo dimostrano anche le varie tendenze “olistiche” emerse negli ultimi decenni.

La città è lo spazio del possibile: un insieme di luoghi in cui stare insieme, ognuno con le proprie particolarità e differenze. La città contemporanea, dunque, è chiamata a offrire spazi che ciascuno possa riconoscere come propri, proprio perché condivisi con altri.

Per questo, nelle idee progettuali che abbiamo delineato per Sesto, abbondano gli spazi aperti alla condivisione. Anzitutto le piazze, fino ad ora poco presenti, ma anche tutte quelle occasioni che permettono all’essere umano di riconoscersi non solo come funzione di fini esterni, ma soprattutto come soggetto capace di esprimere liberamente la propria creatività.

Chi ama passeggiare nella natura dovrebbe poterlo fare senza doversi spostare di decine o centinaia di chilometri; chi ama dipingere dovrebbe trovare spazi adatti, senza chiudersi in uno scantinato; lo stesso vale per chi coltiva passioni artistiche, dalla danza al canto.

Tra le proposte progettuali figura anche l’idea di un centro operativo della Città del BenEssere: ispirato alle terme dell’antica Roma, pensato come luogo dedicato all’“otium”, in contrapposizione al “negotium”. Un centro termale, dunque, ma con molteplici ambienti, come accadeva anche nell’antichità, dove poter svolgere attività culturali, formative, educative, artistiche. E anche come spazio dedicato allo studio e alla ricerca su come far evolvere una città dove si possa davvero vivere bene.

Come vede il ruolo della tecnologia all’interno di questo progetto?

L’essere umano si è sempre servito di strumenti. La questione della tecnologia consiste nel problema di come ricondurla al servizio dell’essere umano, evitando che accada il contrario, cioè che l’essere umano sia asservito alla tecnica.

Questo tema è diventato particolarmente pressante con la cosiddetta Intelligenza Artificiale. Sottolineo “cosiddetta” perché la capacità di “leggere dentro” (“intus legere”, “intelligere”) mi sembra qualcosa di diverso dal semplice mettere assieme elementi, per quanto sulla base di scelte, come fanno i sistemi computerizzati.

La città è sempre un condensato di sistemi tecnologici e oggi, grazie alle tecniche disponibili, è possibile avere semafori ben regolati che rendano il traffico più fluido, mezzi di trasporto capaci di evitare incidenti, sistemi di raccolta della spazzatura automatici, rapidi e igienici, in grado di trasferire i rifiuti in luoghi dove vengano riciclati al meglio (il futuro è delle materie “prime seconde”, derivate dal riciclaggio), flussi idrici gestiti in modo da evitare inondazioni e fornire acqua veramente potabile nelle case.

Se fino ad ora le città hanno teso a dilagare cementificando la campagna, sarà necessario far rientrare la campagna in città: tra gli edifici e sopra gli edifici.

Sostenibilità e sviluppo tecnologico devono andare di pari passo.

Cosa pensa che renda il progetto Sesto Capitale così innovativo rispetto ad altri progetti di sviluppo urbano in Italia o in Europa?

Le idee progettuali tratteggiate per Sesto vedono una città dinamica, aperta a sperimentare nuove forme di progresso urbano, coinvolgente anche sul piano sociale. Se la Sesto delle fabbriche era anche quella dei ritrovi operai, la Sesto Capitale del BenEssere vuole diventare luogo di incontro e collaborazione nel rispetto delle diversità.

Direi che questo è uno degli aspetti più rilevanti del nostro impegno. Ma ciò che rende la nostra proposta davvero significativa è il tentativo di integrare tutti gli elementi che, in quel luogo dei luoghi che è la città, riflettano la ricchezza delle migliori potenzialità dell’essere umano.