Francesca Mitrangolo si laurea in Filologia Classica con una tesi sulla lingua dei poeti lirici greci, ma presto il suo percorso prende una direzione diversa. Dopo un master in Ford Italia, dove si specializza in geomarketing, si avvicina al mondo delle agenzie e della comunicazione, sviluppando un interesse sempre più forte per la strategia di marca. Entra in Angelini Design seguendo da vicino clienti e processi creativi. Oggi è direttore generale, socia dell’agenzia e membro del Consiglio di amministrazione, insieme a Carlo e Michele Angelini.
Come è iniziato il suo percorso nel mondo del design?
“Il design è sempre stata una mia passione assieme all’arte e alla letteratura. Dopo il liceo, avevo già le idee molto chiare e volevo trasferirmi a Roma per proseguire gli studi. Lì ho avuto la fortuna di avere grandi maestri e di entrare in contatto con realtà internazionali. L’esperienza in Ford, con la specializzazione in Geomarketing, mi ha permesso di capire come applicare la mia formazione a servizio dei marchi.
Ho visto emergere bisogni concreti, strategie da costruire e ho compreso che quel tipo di approccio “scientifico” poteva collegare la mia formazione umanistica alle reali necessità delle marche. Con Carlo Angelini, abbiamo iniziato a sperimentare nuove modalità di lavoro nel mondo del marchio, circa 25 anni fa, quando la comunicazione era ancora rigidamente divisa in compartimenti: ATL, BTL, ecc. In quel contesto, abbiamo scelto di ragionare in modo trasversale, concentrandoci non solo sul canale o sul tipo di servizio, ma sull’obiettivo del marchio e sulla parte strategica. Questo è stato il punto di partenza di un percorso che ci ha portati a riorganizzare le forze interne all’agenzia, ridefinendo i gruppi e creando una modalità di lavoro che andava oltre i canoni classici dell’agenzia tradizionale.”
Rispetto a dieci anni fa come è cambiata la comunicazione del marchio?
“È cambiata tantissimo, nel senso che oggi tutto è molto più complesso. Prima di tutto, c’è stata una vera e propria moltiplicazione dei touchpoint: un tempo i marchi potevano investire solo in alcuni segmenti e preoccuparsi meno degli aspetti reputazionali. Oggi, invece, la reputazione è diventata un tema centrale. La facilità con cui i consumatori, e tutti noi, possiamo esprimere giudizi pubblicamente ha reso l’opinione delle persone determinante nelle scelte.
Se prima il marchio comunicava, oggi deve prima di tutto curare la propria reputazione e poi comunicare. Questo è un cambiamento radicale. La leva strategica delle idee ci hanno permesso di mantenere alto l’interesse intorno all’agenzia anche in anni di crisi e di cambiamenti; così come lavorare con grandi clienti e sederci al tavolo con chi prende realmente le decisioni sono aspetti che ci hanno permesso di non subire il cambiamento ma di guidarlo almeno in parte.
Come si struttura una strategia di marchio e quanto è importante l’esperienza in questo settore?
“Questo è un mestiere in cui bisogna continuare a studiare, sempre. Lo dico spesso, soprattutto quando incontro tanti ragazzi che vogliono intraprendere questa strada. C’è ancora l’idea che sia un lavoro “facile”, ma in realtà è diventato molto complesso. Il punto di partenza è avere buone idee, che oggi sono merce rarissima. Esistono metodologie, anche noi ne abbiamo sviluppate alcune, ma la verità è che bisogna saper combinare tutti questi elementi e interrogarsi sul bisogno del marchio, su quello del consumatore, sul risultato di business e sulla legacy che un progetto è in grado di lasciare.
C’è anche una componente di fortuna: a volte una narrativa, oltre a essere ben costruita, intercetta una tendenza culturale, sociale o emotiva, e questo la rende più rilevante e significativa. Ma non c’è una regola certa, ed è proprio questo che rende il nostro lavoro così vario: è la parte bella, ma anche la più difficile. In fondo, noi diventiamo un po’ psicologi del marchio: ascoltiamo, interpretiamo i bisogni e proviamo a dare risposte che non siano solo di comunicazione, ma anche di business.”
Come il design e la strategia vanno a costituire la coppia perfetta?
“Spesso il design è strategia. Bisogna superare la logica per cui prima arriva la strategia e poi il design. A volte è proprio il design a diventare l’elemento strategico. Quando parlo con gli studenti, spesso porto l’esempio della bottiglia del Campari Soda disegnata da Depero. Quella bottiglia è iconica ed è essa stessa la strategia del marchio. In quel caso, la strategia è stata creare una forma unica, capace di incarnare la personalità del marchio in uno spazio di soli 12 cm di altezza. La comunicazione va vista come un processo circolare, dove tutti i touchpoint creativi sono interconnessi. Non c’è sempre un inizio e una fine definiti: tutto dipende dal progetto e anche, in parte, dall’attitudine del gruppo creativo.”
Come nasce la collaborazione con Business Intelligence Group?
“Ho conosciuto Gianni tramite un nostro collaboratore e partner. Ci siamo incontrati su un tavolo di lavoro legato alla sostenibilità, un’area su cui lavoriamo da diversi anni. Mi ha fatto piacere incontrare una persona con un approccio simile al nostro. Business Intelligence Group è una realtà che lavora sul dato in modo intelligente, aggiungendo però quella componente strategica che diventa essenziale nella strategia di comunicazione. Se fino ad ora abbiamo parlato dell’ascolto del bisogno del manager, dell’imprenditore e dell’azienda, l’altro lato della strategia è l’ascolto delle voci delle persone. Il lavoro di monitoraggio del sentiment della popolazione che fa Business Intelligence Group è quindi cruciale per noi. La differenza sta nel modo in cui quel dato viene letto, estrapolando insight utili.”
Come integrate il tema della sostenibilità nelle strategie dei vostri clienti?
“I temi ESG sono diventati una priorità nelle strategie dei nostri clienti. Le aziende sono oggi “costrette” a rispondere in modo concreto e coerente, allineando comunicazione e azioni. Chi si occupa di comunicazione non può ignorare questi cambiamenti: deve studiarli, comprenderli e interpretarli. È proprio da questa consapevolezza che nasce il nostro impegno nel comunicare gli impegni ESG delle aziende, andando oltre i report obbligatori previsti dalla legge. Su questo fronte, il lavoro da fare è ancora tanto, ma la direzione è chiara: comunicare alle persone in modo autentico e responsabile il valore che le imprese creano attraverso le proprie scelte sostenibili e cercare di rendere questo argomento un filone nelle scelte di tutti i giorni.”
Qual è la sua idea in merito al futuro nel settore del design?
“Non ho un’idea precisa del futuro, nel senso che credo sia ancora tutto in evoluzione. Tuttavia, trovo particolarmente interessante l’emergere di nuovi materiali. Al Fuorisalone, a cui partecipiamo ogni anno per confrontarci con le tendenze del design, quest’anno mi ha colpito la capacità di ricavare materiali da quelli che una volta erano considerati semplici sottoprodotti o scarti. Stanno nascendo nuove filiere produttive che mi hanno dato l’impressione di trovarci di fronte a una sorta di quarta rivoluzione industriale. Nei prossimi cinque anni, il nostro modo di produrre potrebbe cambiare radicalmente. Forse saremo finalmente in grado di sfruttare l’intero ciclo di vita di un prodotto senza generare ulteriori scarti.”
Qual è la sfida più importante che il design sta affrontando in questo momento storico?
“Il design, per sua natura, si trova sempre a bilanciare funzionalità ed estetica. Oggi, però, a questi due pilastri si aggiunge un terzo elemento fondamentale: la sostenibilità. È proprio nel punto di incontro tra funzionalità, estetica e sostenibilità che si muove il design contemporaneo. Questo campo è diventato sempre più rilevante, portando con sé una sfida importante: riuscire a rispondere autenticamente ai bisogni umani, senza mai perdere di vista la capacità di pensare in modo innovativo. La forza del design risiede nella sua capacità di creare soluzioni nuove, mantenendo al contempo un equilibrio tra utilità, sostenibilità e bellezza. Questa tensione verso il nuovo e la trasformazione è, a mio parere, ciò che rende il design uno dei settori più stimolanti e affascinanti.”