Italia: uno Stato grande con un sistema produttivo fragile. La vera trappola strutturale tra demografia, imprese e intelligenza artificiale

a cura di Gianni Bientinesi – CEO di Business Intelligence Group

Il vero squilibrio dell’Italia non è solo nei conti pubblici

Nel dibattito sulla finanza pubblica italiana, la dimensione dello Stato viene spesso interpretata esclusivamente in chiave contabile. In realtà, i dati mostrano un problema strutturale molto più profondo: il disallineamento tra un Stato di grande dimensione, un sistema produttivo fragile, l’invecchiamento della popolazione e una trasformazione tecnologica accelerata dall’intelligenza artificiale.

Questo mix sta modificando radicalmente lavoro, aspettative sociali, consumi e sostenibilità del welfare.

Spesa pubblica oltre il 50% del PIL: uno Stato da grande Paese europeo

La spesa pubblica italiana supera stabilmente il 50% del PIL, su livelli comparabili a quelli della Francia e superiori a:

  • Germania
  • Regno Unito
  • Stati Uniti

Si tratta di una dimensione coerente con un grande Stato sociale europeo, ma che richiederebbe una base produttiva ampia, capitalizzata e altamente produttiva. Proprio qui si apre la frattura strutturale.

Stato e grandi imprese: un confronto fortemente sbilanciato

Nel 2024 la spesa pubblica italiana ha superato i 1.100 miliardi di euro. Il primo gruppo industriale italiano per fatturato (Eni o Enel) si colloca tra 90 e 95 miliardi.

Rapporto Stato/prima impresa:

  • Italia: 12 a 1
  • Germania: 6 a 1
  • Stati Uniti: 10 a 1

L’Italia presenta una delle asimmetrie più elevate tra settore pubblico e grande impresa nelle economie avanzate.

Capitalismo italiano: ancora dominato dalla piccola scala

Il sistema produttivo italiano è strutturalmente caratterizzato da:

  • micro e piccole imprese,
  • bassa capitalizzazione,
  • limitata capacità di investimento continuo in innovazione e tecnologie avanzate.

Questo modello riduce la capacità del Paese di sostenere uno Stato di dimensione europea senza comprimere salari, margini e crescita.

Lo Stato imprenditore: il peso delle partecipazioni pubbliche

Lo Stato italiano è anche uno dei più grandi azionisti industriali:

  • ENI: ~31,8%
  • Enel: ~23,6%
  • Poste Italiane: ~64%
  • Leonardo: ~30%
  • Terna: ~29,8%
  • ENAV: ~53%
  • Fincantieri: ~71% (via CDP)

Nel complesso, le partecipate pubbliche rappresentano circa il 30% della capitalizzazione di Borsa Italiana.

Lo Stato italiano è quindi simultaneamente:

  • regolatore,
  • grande spender,
  • grande azionista industriale.

Demografia e sostenibilità: meno lavoratori, più spesa sociale

Le proiezioni demografiche mostrano che entro il 2050:

  • la quota di over 65 supererà il 33%,
  • l’indice di dipendenza oltre il 60%,
  • la popolazione in età lavorativa si ridurrà di oltre 5 milioni di persone.

Con una spesa pensionistica già oltre il 16% del PIL, sempre meno lavoratori dovranno sostenere:

  • spesa sanitaria,
  • spesa previdenziale,
  • spesa assistenziale.

Intelligenza artificiale: fiducia condizionata e paure strutturali

Secondo l’Osservatorio Ri-Generazione 2025, la percezione dell’intelligenza artificiale in Italia è ambivalente:

Impatto percepito come positivo

  • Sanità: 43%
  • Ambiente e sostenibilità: 38%
  • Lavoro e sviluppo economico: solo 24%

Principali preoccupazioni

  • Uso improprio dei dati personali: 44%
  • Disinformazione algoritmica: 38%
  • Mancanza di regole chiare: 37%
  • Perdita di lavoro per automazione: 26%

L’intelligenza artificiale è accettata solo se governata da etica, regole e controllo umano.

IA e sistema produttivo italiano: un moltiplicatore di disuguaglianze

Nel contesto italiano, caratterizzato da:

  • imprese di piccola dimensione,
  • bassa maturità organizzativa,
  • forza lavoro che invecchia,

l’intelligenza artificiale rischia di amplificare le fratture tra:

  • imprese avanzate e resto del tessuto produttivo,
  • lavoratori altamente qualificati e lavoratori fragili,
  • territori innovativi e aree marginali.

La trasformazione sociale: priorità, consumi e nuove identità

Il dossier BIG 2025 dell’Osservatorio Ri-Generazione mostra che:

  • Crescono in importanza:
    • salute (39%),
    • forma fisica (34%),
    • creatività e hobby (33%).
  • La socialità diventa più domestica:
    • più tempo trascorso in casa (+16 punti rispetto al 2021),
    • relazioni più selettive con parenti e amici.
  • I consumi diventano:
    • più prudenti e selettivi,
    • orientati a qualità, durabilità e valore nel tempo (36%),
    • con ritorno del Made in Italy (37%).

La “rigenerazione” non è un ritorno al passato, ma la costruzione di una nuova normalità più selettiva, prudente e valoriale.

Lettura sociologica: dalla modernità liquida alla società “intima”

La trasformazione in corso richiama alcune grandi traiettorie della sociologia contemporanea:

  • Modernità riflessiva (Giddens): gli individui rinegoziano continuamente stili di vita, lavoro e consumi.
  • Ri-solidificazione dei legami sociali (oltre Bauman): meno reti larghe, più relazioni intime e domestiche.
  • Il corpo come capitale sociale (Foucault, Turner): salute e benessere diventano risorse identitarie e strumenti di posizionamento sociale.
  • Consumo come distinzione (Bourdieu): qualità, durata e sostenibilità sono anche segnali simbolici, non solo scelte economiche.
  • Transizione post-materialista (Inglehart): meno centralità del lavoro come identità, maggiore attenzione alla qualità della vita.

Questa trasformazione però non è socialmente neutra: i benefici della “rigenerazione” si concentrano su chi possiede:

  • capitale culturale,
  • tempo,
  • reddito,
  • competenze digitali e tecnologiche.

Si profila dunque una nuova polarizzazione sociale tra:

  • chi può investire su salute, formazione, tecnologia,
  • e chi rischia esclusione, fragilità occupazionale e dipendenza dal welfare.

La trappola sistemica italiana

L’Italia oggi si muove dentro una trappola strutturale composta da quattro forze simultanee:

  1. Stato grande per spesa e partecipazioni.
  2. Imprese piccole per scala e capitalizzazione.
  3. Popolazione che invecchia rapidamente.
  4. Tecnologia che accelera le disuguaglianze se non governata.

Il risultato è una dinamica in cui la funzione redistributiva dello Stato cresce mentre la base produttiva e contributiva si assottiglia.

La vera priorità di politica economica

In questo quadro, la sostenibilità del sistema italiano non dipenderà solo dal controllo della spesa, ma dalla capacità di:

  • far crescere la dimensione media delle imprese,
  • diffondere realmente tecnologie e competenze data-driven,
  • rafforzare il mercato dei capitali,
  • governare l’impatto dell’intelligenza artificiale su lavoro e welfare,
  • creare nuova produttività per compensare la perdita demografica.

Riflessione finale

L’Italia non soffre solo di uno Stato grande, ma di un disallineamento profondo tra struttura pubblica, sistema produttivo, trasformazione tecnologica e mutamento sociale.

Senza un riequilibrio deciso sul lato dell’impresa, delle competenze e della produttività, questo squilibrio è destinato a riflettersi su:

  • crescita economica,
  • salari,
  • coesione sociale,
  • sostenibilità fiscale.