Rifò è nato con un crowdfunding nel 2017 dall’esigenza di cambiare l’attuale industria della moda e con la missione di avere un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Ecco l’intervista al Dott. Niccolò Cipriani e alla Dott.ssa Eleonora Marini

Azienda

Rifò

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“Rifò”, cosa significa?

“Rifò è un’inflessione toscana del verbo rifare, significa letteralmente rifaccio.”

La vostra azienda nasce in un periodo in cui l’idea di second hand e abbigliamento sostenibile non aveva ancora acquisito l’importanza che ha oggi. Come siete riusciti a trasmettere l’idea di capi di qualità, nonostante, si tratti di indumenti rigenerati?

“Puntando su fibre di pregio con composizioni naturali, come il cashmere, la lana e la seta rigenerate. Il fatto di essere fibre naturali, oltre a renderle biodegradabili, permette al capo di avere altissime prestazioni di traspirabilità, termoregolazione, durata nel tempo e basso impatto ambientale nel momento dell’eventuale fine vita.”

Al di là di quello che si legge sul sito, qual è la vostra mission?

“Rappresentare un’alternativa al fast fashion e soprattutto sensibilizzare le persone sui danni dell’industria dell’abbigliamento per come la conosciamo ora, al fine di capire che, come abbiamo “consumato” indumenti fino a questo momento, non è più sostenibile per il pianeta e per le persone.”

Prodotti e materiali

Rifò

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Cosa apprezzano maggiormente i clienti dei vostri prodotti?

“I materiali di pregio ma allo stesso tempo a basso impatto.”

Quali caratteristiche deve avere un materiale/tessuto per essere riciclato/rigenerato?

“Una composizione pura e mono materica, quindi avere tra il 95% e il 100% dello stesso materiale.”

Potreste spiegare più nel dettaglio il ciclo di vita dei vostri prodotti, dal momento in cui recuperate le materie prime fino alla fine del processo produttivo?

“I capi usati che rispettano i requisiti di composizione vengono selezionati per colore e composizione. Dopodiché vengono sfilacciati tramite delle macchine e ridotti a stato di fibra, che poi viene di nuovo filata per ottenere un nuovo filato sostenibile. La selezione per colore permette di evitare una nuova colorazione.”

Sul vostro sito si legge che ogni materiale ha un limite di cicli di rigenerazione: una volta esauriti questi cicli cosa ne fate di questi materiali?

“Non esiste ancora una tracciabilità del numero di volte che un capo è stato rigenerato. Noi promuoviamo l’idea che un capo debba essere usato il più a lungo possibile, nel caso in cui non lo si possa più rigenerare la composizione naturale permetterà che si possa biodegradare.”

Attività e risultati

Rifò

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Come interpretate ed integrate i concetti di innovazione, sostenibilità, inclusività e salute nei vostri prodotti, processi, ecc.?

“Per noi innovazione è aver valorizzato una tradizione molto antica, quella della rigenerazione tessile di Prato, leggendola nella chiave contemporanea della sostenibilità. Nel nostro Sustainability Report spieghiamo tutti gli impatti sociali e ambientali che sosteniamo attraverso la nostra attività e i nostri progetti.”

La vostra attività, nella sua interezza, su quali fronti e in che misura ha ridotto il suo impatto ambientale (acqua, energia, CO2, ecc.)?

“Non possiamo dare un numero generico, esistono degli LCA, Life Cycle Assessment che certificano questi risparmi per ogni materiale che utilizziamo, sempre visibili nel Sustainability Report. A breve, inoltre, in ognuna delle nostre schede prodotto si troverà un’integrazione con il tool BCome, che andrà a calcolare l’impatto di tutto il processo di quel capo. Per scendere però nel concreto, quello di cui andiamo molto orgogliosi è il fatto di ridurre drasticamente l’impatto dei nostri prodotti scegliendo di produrli nel raggio di 30 km dal nostro ufficio, senza dislocare.”

Sguardo al futuro


Secondo voi quale sarà l’andamento futuro del mercato della moda etica e sostenibile, soprattutto in termini di innovazione, attenzione alla salute delle persone, inclusività e sostenibilità?

“Sicuramente la trasparenza, i numeri e la loro attendibilità saranno sempre più importanti in un mondo che impara a distinguere il Green Washing.”

Secondo voi come si evolverà il mercato della moda (in generale) in futuro?

“Ci sarà sempre più attenzione allo storytelling e all’emozione che un capo riesce a dare. Molti brand continueranno a fare attività di Green Washing ma la speranza è che le persone riescano a fare le dovute distinzioni. Molto poi dipenderà anche dalla recessione e dalla possibilità delle persone di capire che è meglio meno, ma meglio.”

Secondo voi in che modo si può rendere la moda sostenibile accessibile a tutti (per esempio, in termini di prezzo)?

“Non si può, se il confronto sono i prezzi fast fashion non è possibile se non scegliendo di dislocare la produzione in Paesi come Bangladesh o Cina, ma questo ovviamente non è sostenibile. I consumatori devono essere sensibilizzati a capire che questi prezzi non possono essere sostenibili, che è meglio comprare un capo, che duri, fatto con fibre naturali riciclabile, invece di 10 di cattiva qualità.”

Quali sono gli obiettivi futuri di Rifò in termini di sostenibilità, innovazione, salute e inclusione sociale?

“Ampliare i nostri servizi di raccolta di indumenti usati, continuare con il progetto di impatto sociale nei nostri panni, che coniuga integrazione sociale di immigrati e ricambio generazionale nel settore della rigenerazione tessile a Prato.”

Distribuite i vostri capi tramite altri rivenditori, il canale e-commerce e il vostro show room di Prato. Avete anche intenzione di aprire negozi fisici di proprietà?

“Apriremo un pop up store temporaneo per il mese di dicembre a Milano in corso Garibaldi. Vedremo come va questo esperimento.”

Ci piace riprendere un aforismo di Bohr che recita: «È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro». Cosa ti ispira?

“Che viviamo in un periodo di incertezza. Ma è proprio in questo momento che occorre perseverare.”