LinkedIn: come ho costruito una community autentica e di valore
di Gianni Bientinesi – fondatore di Business Intelligence Group
Ci sono percorsi professionali che non nascono da un progetto strategico.
Nascono dal bisogno di condividere qualcosa che si è compreso nel tempo:
un’idea, un’esperienza, una visione.
Così è iniziato il mio cammino su LinkedIn: senza clamore, senza formule
preconfezionate, senza il desiderio di “sfondare” una piattaforma digitale.
È iniziato con un pensiero semplice: portare fuori dallo spazio privato ciò
che avevo imparato dentro le aziende, nelle aule universitarie, nella
ricerca e nella scrittura.
All’inizio fu silenzio. Qualche centinaio di visualizzazioni, una manciata
di commenti, la sensazione che nessuno fosse davvero in ascolto. Eppure
continuavo. Perché intuivo che il valore non si misura nella risposta
immediata, ma nella coerenza dell’intenzione.
Poi, lentamente, l’ecosistema si è svegliato. Nel corso di un anno, i
contenuti pubblicati hanno generato oltre 409.000 visualizzazioni,
raggiunto più di 101.000 professionisti unici e costruito
una rete potenziale superiore a 1,5 milioni di contatti.
Sono numeri importanti, ma non sono la mia storia.
Sono la sua evidenza.
Una voce radicata nel reale
LinkedIn è spesso percepita come una finestra sul mondo digitale.
Per me è stata, prima di tutto, una finestra aperta sul mondo reale.
La community non è nata nel feed: è nata fuori, nelle aziende, nelle
riunioni strategiche, nelle lezioni, nelle conversazioni notturne con
imprenditori e manager. È nata nell’ascolto.
Ed è cresciuta perché la mia voce non era artificiale, non era costruita
per piacere: era lo stesso linguaggio che uso ogni giorno nel lavoro.
Questo ha attratto lettori diversi dalla massa generica del web:
dirigenti, imprenditori, consulenti senior, HR, specialisti della finanza
e dell’innovazione. Lettori esigenti. Persone che non cercano
intrattenimento, ma significato.
Perché i contenuti hanno trovato spazio
La piattaforma premia ciò che nasce dal pensiero, non dalla superficie.
Il contenuto più letto dell’anno — una riflessione sulla cultura
organizzativa — ha superato le 88.000 visualizzazioni.
Era un testo lungo, complesso, privo di semplificazioni.
Proprio per questo ha funzionato: la profondità è un bene raro, e quando
lo offri viene riconosciuto.
I contenuti nati dai progetti aziendali, dalle ricerche, dai casi reali,
si sono stabilizzati fra 10.000 e 14.000 visualizzazioni.
Non perché fossero perfetti, ma perché erano veri.
E la continuità ha compiuto il resto:
tre contenuti a settimana per un anno intero.
Nel digitale, la disciplina è più potente dell’ispirazione.
Gli errori come fondamento del metodo
Non tutto ha funzionato. E questa è stata la parte più preziosa.
Ho scritto post che non hanno superato le 400 visualizzazioni.
Analisi che credevo solide sono cadute nel vuoto. Contenuti creati
“per piacere all’algoritmo” sono spariti come se non fossero mai esistiti.
Ma senza quei fallimenti non ci sarebbe stato alcun cammino editoriale.
Gli errori hanno definito la voce, eliminato il rumore, chiarito la
direzione.
Un contenuto scadente può valere più di un contenuto virale:
il primo ti fa crescere; il secondo, spesso, ti conferma soltanto.
Il limite delle strategie standard
Con la crescita dell’attenzione, sono arrivate anche molte proposte da
agenzie e creativi digitali: piani editoriali copiabili, format replicabili,
calendari identici per qualsiasi profilo.
Le ascolto sempre, perché rispetto il lavoro di tutti.
Ma un contenuto non nasce da una griglia Excel.
Nasce da un’identità professionale. E nessun percorso “standard” può
raccontare un imprenditore, un manager, un docente o un ricercatore allo
stesso modo.
Le community vive non si costruiscono con scorciatoie.
Si costruiscono con cura. Con cultura. Con tempo.
LinkedIn non è un palcoscenico. È una palestra.
Molti usano la piattaforma per mostrarsi. Io l’ho usata per allenarmi.
Ho pubblicato oltre 150 contenuti originali.
Non tutti hanno funzionato, ma tutti mi hanno trasformato.
LinkedIn è un luogo dove il pensiero diventa mestiere. Se lo attraversi
con disciplina, ti educa: a scrivere in modo chiaro, a riscrivere in modo
preciso, a interpretare ciò che il pubblico non dice ma rivela, a vedere
te stesso con maggiore lucidità.
Nel tempo, la piattaforma ti restituisce un dono semplice:
diventi autore del tuo lavoro.
Per costruire una community servono pazienza e rispetto
Viviamo nell’epoca dell’immediatezza, ma la costruzione di una community
è un atto lento.
Una community non nasce con un post virale: nasce dalla persistenza.
Una visualizzazione alla volta, una discussione alla volta, una risposta
data bene quando non avevi tempo, un contenuto scritto meglio del
precedente, un ascolto compiuto senza pubblicare nulla.
Una community non è pubblico: è relazione.
E le relazioni non hanno scorciatoie.
L’artigianalità come scelta strategica
Mentre il mondo corre verso l’intelligenza artificiale, ho scelto un’altra
direzione: la scrittura artigianale, quella che richiede studio,
riflessione e responsabilità.
Ne avevo scritto nei miei libri – Le persone oltre i numeri,
L’intelligenza circolare, Ri-generazione – e LinkedIn ha
confermato ciò che già sapevo:
la tecnologia può amplificare una voce, ma non può crearla.
L’autenticità non è un effetto speciale: è un atto etico.
Oggi questo percorso diventa servizio per altri
Se oggi racconto questa esperienza è perché, dopo un anno di lavoro
quotidiano, sento di poter trasformare ciò che ho imparato in un servizio
reale per aziende, imprenditori e manager.
Credo nella scrittura come strumento strategico per trasformare cultura
in reputazione, identità in posizionamento, esperienza in autorevolezza.
Aiuto chi vuole costruire non un semplice profilo digitale, ma una voce
professionale riconoscibile.
Non offro miracoli né formule rapide.
Offro metodo, ascolto e orientamento.
È così che nasce il valore.
Guardando avanti
So che la piattaforma cambierà ancora: il linguaggio, l’algoritmo,
le modalità espressive evolveranno.
Ma so anche cosa resterà intatto:
la forza del contenuto autentico, l’importanza dell’etica narrativa,
l’intelligenza umana che interpreta i dati, la cultura che dà forma alle idee.
LinkedIn continuerà a essere la mia officina aperta: un luogo dove
trasformare il mestiere in parola, e la parola in relazione.
E continuerò a scrivere con la stessa convinzione con cui ho iniziato:
che raccontare il lavoro significa contribuire al futuro del lavoro stesso.


