Dalle logge medievali all’innovazione di Business Intelligence Group

Le origini: i Conti di Donoratico e Arrigo VII

All’inizio del Trecento il palazzo che si affaccia sull’attuale Corso Italia apparteneva ai Conti di Donoratico, ramo della potente famiglia della Gherardesca, signori di Bolgheri e Castagneto. Era una casata di grande influenza politica e militare, la stessa che aveva dato i natali al celebre conte Ugolino, immortalato da Dante.

Fu in queste sale che, nel 1312, la città accolse Arrigo VII di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero. Le cronache medievali raccontano banchetti «tra logge e giardini che abbellivano la dimora» (Cronaca pisana, XIV sec., ed. Bonaini). Pisa divenne allora la base toscana dell’imperatore, che qui promulgò le Constitutiones pisane (aprile 1313), documento che sanciva il suo progetto politico per l’Italia.

La morte prematura a Buonconvento (24 agosto 1313) ne spense l’ambizione, ma la città ne onorò la memoria con un sepolcro monumentale nel Duomo, opera di Tino di Camaino, che ancora oggi testimonia la grandezza del legame tra Pisa e l’Impero.

L’età dei Gambacorti: mercanti al potere

Qualche decennio più tardi, il palazzo passò nelle mani dei Gambacorti, una famiglia di mercanti arricchiti che seppe trasformare la forza economica in potere politico. Nel gennaio 1355, le stanze che avevano accolto Arrigo VII ospitarono un altro imperatore, Carlo IV di Lussemburgo, in viaggio verso Roma per ricevere la corona imperiale.

L’ospitalità imperiale era un segno di prestigio, ma la fortuna della famiglia non durò. Pochi mesi dopo, in un clima di lotte interne, i Gambacorti furono cacciati e il palazzo incendiato. Non era solo distruzione materiale: dare alle fiamme una dimora nobiliare significava cancellare un simbolo politico.

Pietro Gambacorti: il signore di Pisa

La figura più emblematica della famiglia fu Pietro Gambacorti (1319–1392). Esule dopo la cacciata del 1355, riuscì a rientrare a Pisa nel 1369, pagando a Carlo IV ben 12.000 fiorini d’oro per annullare la sua condanna. Con il sostegno della Compagnia di San Michele divenne signore di Pisa, guidando la città per oltre vent’anni.

Fu durante il suo governo che i Gambacorti consolidarono il potere e commissionarono un nuovo palazzo sul Lungarno, oggi sede del Municipio. L’edificio di Corso Italia, già bruciato e segnato dalle lotte, rimase il simbolo delle origini familiari, mentre il nuovo palazzo rappresentava la vetrina della signoria.

Ma la parabola politica di Pietro si chiuse tragicamente. Il 21 ottobre 1392 cadde vittima della congiura di Iacopo d’Appiano, che lo attirò in un tranello e lo fece assassinare insieme ai figli. Con quell’atto si chiudeva la signoria dei Gambacorti e si apriva una nuova fase per Pisa, destinata pochi anni dopo a passare sotto il controllo dei Visconti.

Chiara Gambacorti: la beata di Pisa

Se Pietro rappresenta la dimensione politica, la figlia Chiara (Tora) Gambacorti incarna quella spirituale. Nata nel 1362, rimasta vedova a soli 15 anni, scelse la via religiosa. Sostenuta da Caterina da Siena, fondò a Pisa il monastero di San Domenico, destinato a diventare un centro importante della riforma domenicana femminile.

La sua vita austera e la sua opera di rinnovamento la resero una figura venerata già in vita. Morì nel 1420 e fu beatificata nel 1830: la sua memoria sopravvive come simbolo di una famiglia che non lasciò solo tracce politiche e materiali, ma anche spirituali e culturali.

L’antagonista: Iacopo d’Appiano

Non si può raccontare la storia dei Gambacorti senza ricordare il loro nemico. Iacopo d’Appiano fu l’artefice del colpo di stato del 1392: ordinò l’assassinio di Pietro e dei suoi figli, prendendo il potere in città. La sua linea filo-viscontea aprì la strada al figlio Gherardo, che nel 1399 vendette Pisa ai Visconti di Milano per 200.000 fiorini d’oro. Una transazione che segna la fine dell’indipendenza pisana.

Ferite, abbandoni e rinascite

Dopo le lotte del Trecento, il palazzo di Corso Italia sopravvisse tra usi amministrativi, abbandoni e trasformazioni. Nel Seicento ospitò uffici pubblici, nel Settecento e nell’Ottocento divenne sede di archivi e caserme. Ma la sua immagine originaria era ormai perduta.

All’inizio del Novecento, la città decise di recuperarlo. Nel 1913, la facciata venne ricostruita secondo criteri filologici: due ordini di polifore marmoree, un ampio cornicione ligneo, la scansione ritmica delle pietre. Non era una ricostruzione integrale, ma un atto di memoria, che restituiva al Corso un frammento dell’antico volto gotico pisano.

Ottobre 2025: il futuro con Business Intelligence Group

Dopo secoli di imperatori, mercanti, incendi e restauri, il palazzo è pronto a una nuova stagione. Nell’ottobre 2025, diventerà la sede di Business Intelligence Group (BIG).

BIG è una realtà moderna che unisce ricerca di mercato, geomarketing e intelligenza artificiale. Fondata sull’idea che «non c’è innovazione senza creatività, ma la creatività è nulla senza una strategia», porta nel cuore di Pisa un laboratorio di conoscenza e innovazione.

Scegliere questo palazzo non è solo una scelta logistica, ma simbolica: le stanze che hanno accolto imperatori e signori diventeranno spazi dedicati ai dati, alle idee e alle strategie del futuro.

Dal fasto dei Donoratico, che accolsero Arrigo VII, all’ascesa e caduta dei Gambacorti, dalle congiure di potere al restauro novecentesco, il palazzo di Corso Italia ha attraversato sette secoli come testimone silenzioso della storia pisana. Ora, con l’arrivo di Business Intelligence Group, è pronto a intrecciare la sua memoria con l’innovazione contemporanea.

Le pietre che hanno visto passare imperatori e mercanti diventeranno laboratorio di idee, dove la storia incontra il futuro.