Molti immaginano la generazione IA come un universo etereo: algoritmi “in cloud”, risultati immediati, poco impatto visibile. Ma dietro la promessa di automazione, efficienza e grande scalabilità si nasconde un lato spesso ignorato: l’impatto ambientale. Nuove ricerche mostrano che la domanda di energia elettrica da parte dei data center alimentati dall’IA è destinata a più che raddoppiare entro il 2030. Scientific American+2IEA+2
Questo articolo esplora il paradosso: l’IA — che promette ottimizzazione — consuma e produce un consumo di risorse che somiglia a quello di un’industria pesante. Ecco cosa occorre sapere.
1. Il mito dell’IA “immateriale”
Quando pensiamo a un chatbot, a un sistema di raccomandazione o a un modello generativo di testo o immagini, l’impressione è quella di un servizio digitale puro, privo di massa, “leggero”. In realtà, ogni richiesta, ogni inferenza, ogni training di un modello IA richiede hardware specializzato, server ultra-veloci, enormi quantità di elettricità e sistemi di raffreddamento potenti.
Secondo la International Energy Agency (IEA), l’elettricità consumata da tutti i data center nel mondo — esclusa la criptovaluta — è oggi stimata in circa 415 TWh/anno e potrebbe salire fino a circa 945 TWh entro il 2030. IEA+1
In altre parole: lo spazio “intangibile” dell’IA ha una massa energetica ben reale.
2. Addestrare un modello ha un costo — e non solo economico
Due momenti operativi dell’IA richiedono particolare attenzione: training (l’addestramento del modello) e inference (l’utilizzo operativo). Entrambi consumano risorse, ma con dinamiche differenti.
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Training: modelli di grandi dimensioni (large language model, LLM) richiedono settimane di calcolo, migliaia di GPU e infrastrutture ad alta densità.
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Inference: ogni richiesta generativa, ogni risposta del chatbot, ogni immagine prodotta implica consumo continuativo.
Un dato rilevante: secondo uno studio, un singolo nodo con 8 GPU NVIDIA H100 in fase di training ha assorbito circa 8,4 kW di potenza. arXiv
Ancora, l’articolo della Yale Environment360 ricorda che l’IA ha “consumo diretto di elettricità da fonti non-rinnovabili” e “milioni di litri d’acqua per il raffreddamento”. Yale E360
Il risultato: ciò che appare “virtuale” genera un impatto molto concreto.
3. Il dilemma etico delle imprese tech
Le aziende tech lo sanno bene: la spinta verso l’IA è forte, ma insieme cresce la pressione sul fronte della sostenibilità. I grandi hyperscaler stanno investendo miliardi nella costruzione di data center «AI-first», con elevata densità energetica. Goldman Sachs+1
Ma ecco la contraddizione:
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Da un lato, comunicati ufficiali affermano impegni verso “energia 100% rinnovabile” e infrastrutture green.
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Dall’altro, dati recenti segnalano che l’IA potrà arrivare a rappresentare fino al 35-50% del consumo totale dei data center entro il 2030. Carbon Brief+1
Questo pone un’interrogativo: è sufficiente chromare le fonti energetiche o occorre ripensare l’intera architettura dell’IA?
4. Verso una “IA sostenibile” — soluzioni in campo
Fortunatamente esistono già alcune leve operative per ridurre l’impatto ambientale dell’IA. Eccone alcune rilevanti:
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Algoritmi e modelli più efficienti: ottimizzazione del numero di parametri, miglior utilizzo delle risorse di calcolo. arXiv
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Localizzazione strategica dei data center: ad esempio in regioni con energia rinnovabile abbondante o clima favorevole al raffreddamento naturale. The Current
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Gestione intelligente del carico: shifting dei workload verso momenti/luoghi in cui l’energia è più pulita. BloombergNEF
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Trasparenza e reporting: utile per mapping dell’impatto, rendicontazione ESG, certificazioni green.
In Italia alcune startup e centri di ricerca stanno già sperimentando “edge-AI” e micro data center a basso consumo, aprendo la strada a un’IA “meno vorace”.
5. Cosa significa per le aziende e i decisori
Per il mondo dell’impresa e della consulenza (mercato nel quale opera la Business Intelligence Group) questa svolta ha implicazioni concrete:
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Decision makers devono valutare non solo il “cosa fa l’IA” ma anche “come lo fa”: infrastruttura, energia, sostenibilità.
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Marketing & brand reputation: la sostenibilità non è più accessoria; utenti, clienti e stakeholder sono sempre più attenti alle pratiche green.
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Modello di business: l’“IA sostenibile” può diventare un fattore competitivo — chi dimostra ridotto impatto ambientale avrà un vantaggio.
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Politiche pubbliche: le normative sull’energia, le emissioni e i data center sono in evoluzione — anticipare significa evitare rischi.
Conclusione
L’intelligenza artificiale promette enormi opportunità: automazione, personalizzazione, efficienza. Ma questa promessa viene con un prezzo che tutti noi, direttamente o indirettamente, stiamo pagando: energia, acqua, infrastrutture, responsabilità.
L’invito è chiaro: innovare sì, ma con consapevolezza. Le imprese che sapranno misurare il proprio impatto, trasparente e tangibile, saranno quelle che guideranno la nuova stagione dell’IA.
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