Intervista a Gianni Bientinesi, CEO di Business Intelligence Group, esperto di strategie aziendali e autore del libro l’Intelligenza Circolare e il Marketing dell’Ascolto.

Tempi difficili per le aziende, questi: ci lasciamo alle spalle un periodo “particolare” pandemico, in cui tutte le aziende hanno dovuto mettere in discussione il proprio modello di business e adattarsi alle nuove “esigenze da Covid-19” e davanti ci troviamo in procinto di affrontare una guerra. O forse no. Cosa consiglia lei, come esperto di Business Intelligence, alle aziende italiane che temono un’ennesima crisi economica?

Nonostante le imprese italiane siano abituate ad attraversare periodi a “corrente alternata”, questa volta la pandemia ha messo a dura prova non solo il sistema economico del nostro Paese, ma anche la capacità dei nostri imprenditori di continuare a credere al Sistema Italiano.

Ora che avevamo in qualche modo capito che si vince solo se uniti in un progetto comune, siamo ripiombati velocemente in un clima di incertezza e di non facile lettura su quello che potrà essere l’epilogo di quella che potrebbe diventare la Terza Guerra Mondiale. Quello che un po’ mi rammarica è che siamo arrivati tardi a capire che dovevamo investire di più in ricerca e sviluppo soprattutto nel trovare delle possibili vie per uno sviluppo sempre più sostenibile.

Come spesso accade, nei momenti in cui si pensa che il mercato possa rispondere in modo positivo, non ci siamo preoccupati a sufficienza di approfittare per investire in nuove tecnologie, nuove opportunità date dal processo di digitalizzazione, ma soprattutto nel trovare una nuova via per riorganizzare in modo sostenibile la vita delle persone. Per fortuna, siamo ancora in tempo per provare a trovare delle opportunità anche in una situazione complessa come quella che stiamo vivendo. A mio avviso, il sistema delle imprese italiane ancora non è sufficientemente attrezzato per avere un ruolo di protagonista nel panorama internazionale. Nello specifico faccio riferimento alle PMI e alle Micro Imprese.

Infatti, secondo CERVED, le PMI in Italia sono 148.531. Di queste, 123.495 sono piccole imprese e 25.036 sono medie aziende. Le PMI rappresentano il 24% delle imprese che hanno depositato un bilancio valido e occupano oltre 4 milioni di addetti, di cui 2,2 milioni lavorano in aziende piccole e 1,9 milioni in aziende di medie dimensioni. Queste 148 mila PMI hanno prodotto un giro d’affari di 886 miliardi di euro e un valore aggiunto di 212 miliardi (pari al 12,6% del Pil). Rispetto al complesso delle società non finanziarie, pesano per il 38% in termini di fatturato e per il 40% in termini di valore aggiunto.  Questo significa che la vera sfida potrà essere vinta solo se c’è la volontà di fare sistema e trovare modi intelligenti di collaborazione tra le imprese italiane: nessuno si salva da solo, ora meno che mai.

Parliamo di capacità di ascolto: quali sono i nuovi bisogni che emergono nel complicato contesto attuale che stiamo vivendo?

Saper ascoltare i segnali deboli di un mercato in continua evoluzione è la base per poter sviluppare un business che si sviluppa nel tempo. In questi termini la formazione continua, significativi investimenti in ricerca e sviluppo diventano i fattori chiave per sviluppare quella cultura dell’ascolto che diventa fondamentale in situazioni come queste. Oggi le imprese hanno la possibilità di approfittare di sistemi altamente tecnologici a dei costi davvero accessibili. Faccio riferimento ai sistemi di rilevazioni intelligenti, alle chatbot agli innumerevoli strumenti per l’analisi dei dati off line e on line. Quello che, a mio avviso, su cui ancora possiamo fare grandi passi avanti è sulla capacità di fare “sintesi”.

Saper scegliere le informazioni corrette, saperle interpretare e soprattutto renderle operative sta diventando forse più importante rispetto alla dotazione dei sistemi tecnologici. Credo che la vera svolta la avremo anche quando il sistema di formazione e quello scolastico capiranno che dobbiamo uscire dai silos formativi, ma dobbiamo, invece, spingere ad una formazione più multidisciplinare dove la parola ed il numero convivono in modo armonico e sinergico per dare un nuovo senso e valore alle attività che si stanno sviluppando.

A proposito di asimmetria informativa, quali sono le nuove opportunità per le aziende?

Più che opportunità ne vedo una minaccia. Mi spiego meglio. Oggi il mondo digitale è governato dalla concentrazione di pochi player internazionali che detengono la maggior parte delle informazioni che vengono prodotti in rete. Questo significa che diventa sempre più difficile riuscire a capire quale sia la vera strada da percorrere e soprattutto se la strada che stiamo percorrendo è quella corretta. A tal proposito, quello che suggerisco agli imprenditori ed ai manager con cui quotidianamente mi confronto, è quello di non farsi troppo condizionare dalle mode del momento, troppo spesso costruire ad hoc in quella che viene definita la “bolla comunicativa”. Dal mio punto di vista, una azienda deve avere sempre gli orecchi puntati nell’ascoltare il mercato ed i bisogni dei propri clienti, ma la vista lunga per capire dove vogliono arrivare, in quanto tempo e soprattutto con quali risorse.

Ritengo altresì interessante il concetto che il mercato molto spesso lo fa l’offerta e non solo la domanda di beni e servizi. Saper leggere la realtà in modo coraggioso e fuori dagli schemi, avere anche una visione innovativa supportata da valori e convinzioni forti mette a riparo in modo più duraturo quella che è la propria idea imprenditoriale.

Allarmismo o Prevenzione? Come consiglia di agire in termini di sicurezza aziendale?

Tra allarmismo o prevenzione direi… prudenza e coraggio. Siamo dinanzi ad una nuova era in cui i processi di digitalizzazione che abbiamo intrapreso durante questi due anni di pandemia devono proprio adesso essere portati velocemente a compimento. La sicurezza diventa fondamentale per poter progettare con serenità questa fase. Su questo aspetto ci stiamo attrezzando in modo significativo e prevedo una crescita importante di richiesta di sicurezza da parte delle aziende, soprattutto quelle di dimensioni minori.

È possibile, in tempi di totale incertezza come questo che stiamo vivendo, fare delle previsioni sull’andamento del mercato italiano?

Fare delle previsioni oggi diventa sempre più difficile. Tuttavia, ci sono dei segnali interessanti su cui vale la pena riflettere e su cui forse si può intravedere una strada. Quello di cui credo le persone in questo momento hanno bisogno, al di là della sicurezza e la salute, è fare pace con sé stessi. La nuova parola d’ordine per i prossimi anni sarà la “Rigenerazione”. Credo che questo termine racchiuda molti dei significati che le persone in questo iniziano a sentirne un bisogno profondo.

Dobbiamo rigenerarci da questi anni difficili, abbiamo un tremendo bisogno di riprenderci il tempo rubato dalla pandemia, far ricrescere la parte danneggiata o mancante dal tessuto rimasto. Dobbiamo trovare nuove soluzioni che siano in grado di autorigenerarsi. Abbiamo la vera opportunità di ritrovare una nuova strada che sia veramente più sostenibile per tutti, nessuno escluso.

Ha qualche consiglio o rassicurazione da fare alle aziende italiane oggi?

Il miglior consiglio che posso dare è quello di non ascoltare i consigli, soprattutto da chi non ha avuto il piacere e l’opportunità di sperimentare sul campo le soluzioni proposte. Credo che in questo nuova era della Rigenerazione sia importante prendersi del tempo per capire come accelerare senza indugio. Il tempo e la velocità sono elementi fondamentali.

Sono sempre più convinto che le soluzioni vincenti dovranno essere “quick and smart”. Dobbiamo ripensare al futuro in modo nuovo ed ora dobbiamo Rigeneraci in modo più consapevole e duraturo.

Grazie per i suoi preziosi consigli e per il tempo a disposizione.