Rigenerazione, la nuova frontiera della competitività: tre voci per capire come cambia l’impresa italiana

di Gianni Bientinesi – CEO Business Intelligence Group

Nel vocabolario dell’economia italiana una parola sta assumendo un peso crescente: rigenerazione. Non si tratta più soltanto di recupero di risorse o di sostenibilità, ma di un vero paradigma industriale che integra innovazione, cultura aziendale e partecipazione sociale. Un concetto che risponde alle grandi transizioni – tecnologica, ambientale, demografica – e che sempre più imprese collocano al centro delle proprie strategie.

Durante RI GENERAZIONE 2025, tre protagonisti provenienti da ricerca, industria e innovazione inclusiva hanno delineato la traiettoria di questa trasformazione: Maria Marchese, neuroscienziata della Fondazione Stella Maris IRCCS, Luca Pereno, coordinatore dello sviluppo sostenibile di Leroy Merlin Italia, e Alberto Balestrazzi, CEO di Auticon Italia.

Innovazione veloce e nuove competenze: la lettura della neuroscienza

La prima linea di faglia segnalata dagli esperti riguarda la velocità del cambiamento. Maria Marchese, ricercatrice senior presso la Fondazione Stella Maris, parla di un’accelerazione che investe tecnologia, salute e dimensioni sociali, modificando la vita di tutti noi.

In questo contesto, l’adattabilità diventa una competenza chiave. Per la neuroscienziata, il capitale umano dovrà essere capace di affrontare cicli tecnologici sempre più brevi e impatti trasversali sulle organizzazioni. Un trend rafforzato dal post-pandemia, che – osserva Marchese – ha riportato la salute al centro delle priorità strategiche di persone, imprese e istituzioni.

La rigenerazione, nella sua prospettiva, è dunque un investimento sulla capacità delle organizzazioni di apprendere e rispondere in modo agile a scenari in costante evoluzione.

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La rigenerazione come leva industriale: il modello Pereno tra circolarità e impatto

Per Luca Pereno, impegnato nello sviluppo sostenibile di Leroy Merlin e cofondatore di (RI)Generiamo, rigenerazione significa affiancare ai processi di innovazione una logica di recupero e valorizzazione delle risorse già presenti nelle filiere.«La rigenerazione ha due dimensioni: generare impatto e rigenerare valore», afferma. «Il nuovo non deve sostituire il vecchio, ma trasformarlo». Un principio che nelle imprese si traduce in modelli di economia circolare, collaborazione con realtà sociali, estensione del ciclo di vita dei prodotti e riduzione degli sprechi. La sostenibilità, sottolinea Pereno, è una strategia industriale che coinvolge persone, territori e stakeholder. Non può essere delegata: necessita di partecipazione. Una visione coerente con le più recenti normative europee — dalla Corporate Sustainability Due Diligence alla Circular Economy Action Plan — che chiedono alle imprese di integrare la rigenerazione nei processi di produzione e distribuzione.

Cultura aziendale e inclusione tecnologica: la lezione di Auticon

Il terzo pilastro della rigenerazione è la cultura. A sostenerlo è Alberto Balestrazzi, CEO di Auticon Italia, realtà che impiega professionisti nello spettro autistico nel settore IT, dimostrando come diversità e qualità possano convergere.

«Il cambiamento non si improvvisa», afferma Balestrazzi. «Serve cultura, formazione, cambiamento di prospettiva».

Per il manager, la tecnologia è un abilitatore, non un motore autonomo: produce valore solo se inserita in un ecosistema organizzativo sano, consapevole e capace di attrarre competenze diverse. In un mercato del lavoro segnato dalla scarsità di profili tech, il modello Auticon evidenzia come l’inclusione possa diventare un vantaggio competitivo, migliorando precisione, problem solving e qualità dei processi digitali.

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Un paradigma trasversale per la nuova politica industriale

Dalle tre testimonianze emerge una convergenza significativa: la rigenerazione non è una cornice etica, ma una strategia economico-industriale.

I suoi pilastri appaiono ormai chiari:

  • Innovazione orientata alle persone, con formazione continua e adattabilità;
  • Valorizzazione delle filiere, attraverso modelli circolari e partnership territoriali;
  • Cultura organizzativa inclusiva, capace di trasformare tecnologia e capitale umano in vantaggio competitivo.

In una fase in cui le imprese italiane sono chiamate a rispondere a pressioni globali — transizione digitale, sostenibilità ESG, reshoring e ripensamento delle supply chain — la rigenerazione diventa un possibile elemento distintivo. Una postura strategica che unisce resilienza e visione.

Non è un caso che proprio da mondi diversi — scienza, retail e IT — arrivi lo stesso messaggio: il futuro non è un’emergenza da gestire, ma un processo da rigenerare.